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Redazionale


di Enrica Tancioni
11/12/2007 - Qualcosa sta cambiando. I cittadini hanno iniziato a riflettere e le autorità hanno iniziato ad occuparsi di una delle più grandi organizzazioni criminali: la ‘ndrangheta.
L’omicidio di Fortugno e la strage di Duisburg sono solo le forze motrici della vicenda. Perché tutto il paese si è finalmente interessato al fenomeno mafioso della Calabria. Pagine e pagine di libri, riviste e quotidiani sono stati dedicate alla mafia calabrese, alla mafia dei fratelli. Di sangue. Perché la Calabria ha un’organizzazione particolare che si regge su relazioni di parentela. Il primo comandamento della ‘ndrangheta è: non tradire. Tuo padre o tuo fratello. Accusarli significherebbe mandarli in carcere. Quello duro. Quello della 416 bis. Così per anni la mafia calabrese è riuscita a costruire un impero. Secondo gli ultimi dati dell’Eurispes il fatturato annuo della ‘ndrangheta si aggira intorno ai 35.000 milioni di euro. Il volume di affari è pari al 9,5% del prodotto interno lordo. La ‘ndragheta insomma ha messo in ginocchio la Calabria che, a causa degli affari illeciti della criminalità organizzata, deve coprire ingenti debiti. Parola di Ruben H. Oliva ed Enrico Fierro autori del libro-documentario: La Santa (edito da Rizzoli).
Per la DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) la situazione è grave. Perché in Calabria esistono circa 200 cosche, e la densità criminale (27%) è la più alta d’Italia. Grazie all’appoggio e alla compiacenza di imprenditori e politici, gli ‘ndranghetisti si sono infiltrati nell’attività economica italiana.
Per anni sono stati ignorati. Lo Stato ha sottovalutato i metodi e il modus operandi dei “picciotti” dell’Aspromonte. Ma è proprio per questo che la ‘ndrangheta si è rafforzata. Da organizzazione pastorale è diventata una vera e propria holding del crimine.
La Santa scandaglia con precisione le numerose attività illecite della ‘ndrangheta. Dalla droga (principale fonte economica) all’usura, per poi passare alla sanità e infine alle armi. Ruben H. Oliva ed Enrico Fierro hanno tracciato con puntualità la cronistoria di un’organizzazione potente. Forse la più potente. Sono entrati nel cuore del santuario, quello della Madonna di Polsi dove si svolgevano e forse si svolgono ancora importanti meeting tra boss e capibastone. I giornalisti tentano di ricostruire l’ambiente in cui la ‘ndrangheta opera. Un ambiente fatto di omertà, denunce e morte. Come quella di Gianluca Congiusta ucciso a Locri. Il padre chiede ancora giustizia.
Il viaggio di Oliva e Fierro arriva anche a Filadelfia, terra dei desaparecidos italiani. È il paese calabrese con il più alto numero di scomparse. Di lupara bianca ovviamente.
Hanno ascoltato storie di soprusi e denunce, come quella di Don Ciotti che da anni si batte contro la ‘ndrangheta. Nel cuore della piana di Gioia Tauro ha creato una cooperativa, che è diventata oggetto di atti vandalici. Sicuramente di matrice mafiosa.
La ricostruzione è ben fatta i giornalisti sono riusciti a cogliere le mille sfaccettature di una regione che, pur avendo problemi, ha tanta voglia di ricominciare.
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