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Redazionale


di Daniela Pellicanò
07/12/2007 - Legalità e comunicazione è il progetto dell’osservatorio Falcone Borsellino Scopelliti che ha dato vita ad un calendario particolare. Realizzato dalla scuola media Ardito di Lamezia Terme ritrae per ogni mese dell’anno dodici vittime di mafia: Fortugno, Congiusta, Scopelliti, Cassarà, Impastato, Chinnici, Rita Atria…
Buona l’idea, ottimo il fine: far conoscere agli studenti non una realtà ma la loro realtà, e perché no, magari responsabilizzarli, scuotendoli dal torpore che serpeggia nella società attuale, che li vuole svuotati di senso, costretti a ricercare attraverso sensazioni forti o imitazioni sbiadite stile grande fratello, il senso delle loro vite. E allora perché non ricordare loro che la società in cui vivono ha problemi gravi e seri. E che loro ci sono immersi fino al collo. Che le vittime di mafia non sono solo i morti ma anche i vivi perché soccombono ad un sistema corrotto. Che loro qualcosa possono fare. Di mafia si parla da sempre, ma a livello accademico. Articoli sui giornali, commenti, conferenze, tavole rotonde, manifestazioni mordi e fuggi, cortei ad ore, dibattiti televisivi.
Ma dopo tutti questi anni forse è arrivato il momento di cambiare tattica. Una volta per tutte.
Imporre allo Stato di inserire tra le materie obbligatorie da insegnare anche questa: Mafia. Tutto ciò che avreste voluto sapere e non avete mai osato chiedere.
Ecco come si può recuperare e tenere viva la memoria. Ecco come si può responsabilizzare il futuro cittadino adulto. È notizia di oggi che Confindustria Sicilia ha deciso di allontanare una decina di imprenditori perché consenzienti al ricatto mafioso. Provvedimento postumo, si potrebbe dire, con effetti di relativa entità. Per risolvere un problema occorre andare alla radice, agire sulle cause e non trovare rimedi agli effetti.
Negli anni ’80, grazie al clamore de La piovra, nelle scuole si cominciò a parlare di mafia. Il circolo del cinema Chaplin di Reggio Calabria, organizzò molti incontri per dibattere sul tema. Si andava nelle scuole a proiettare Le mani sulla città di Rosi, si mandavano le interviste a Ciancimino, allora sindaco di Palermo, che candidamente affermava: la mafia non esiste. E poi, come sempre accade quando l’iniziativa è affare di pochi volontari, è finito tutto. Nella scuola è calato il silenzio, nelle case fanno scuola le fiction. E il danno si perpetra.
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