27/11/2017: Catanzaro – Torna l’acqua nelle scuole, domani tutti sui bianchi 27/11/2017: Catanzaro ricorda il dottor Zimatore, padre nobile dell’ospedale Pugliese 27/11/2017: Trenta, chiude ufficio postale per lavori infrastrutturale 27/11/2017: “Racconti e desideri storie di sogni e realtà”: dalle parole alle emozioni 27/11/2017: Racconti e desideri storie di sogni e realtà”: dalle parole alle emozioni 27/11/2017: Cosenza – Inaugurati i Mercatini di Natale in piazza Bilotti 27/11/2017: Reggio Calabria – Guarneri con le “Maschere” fa rivivere la magia di Pirandello
Redazionale


di Elisabetta Viti
04/12/2007 - Il “licu tour”, il singolare viaggio con cui Vittorio Moroni, regista indipendente, porta in giro per l’Italia la sua ultima interessante opera, Le ferie di Licu, si è fermato il 19 novembre scorso a Reggio Calabria, ospite del “Circolo del Cinema Cesare Zavattini” all’interno della sua tradizionale rassegna.
Come mai la scelta di farsi conoscere al variegato pubblico delle tante Italie insulari e peninsulari utilizzando un furgoncino?
L’idea è nata in un secondo tempo. All’inizio abbiamo adottato il metodo con cui distribuimmo il primo film (Tu devi essere il lupo, 2005). Per smentire gli esercenti o i programmatori delle sale che ci dicevano: “ un piccolo film italiano non avrà un pubblico”, noi abbiamo provato a dargli un pubblico prima di avere la sala. Abbiamo creato delle occasioni di promozione del film mesi prima che uscisse per prevenderne i biglietti e aggiudicarci una settimana nelle sale. Da lì siamo arrivati ad avere ad avere 9 settimane a Roma, 8 a Torino, 7 a Milano… Poi ci siamo rivolti al pubblico delle piccole città: quei luoghi dove i registi o gli autori dei film non pensano di andare a promuovere la loro opera. Abbiamo acquistato un camper, lo abbiamo dipinto di verde come la locandina del film e abbiamo cominciato a “trasportare” Le ferie di Licu in giro per le province d’Italia. Da allora quasi ogni giorno fino a Natale siamo in una città diversa a presentare il nostro film.
“My self”, l’associazione culturale con cui hai attuato il sistema di prevendita, è stata la tua risposta alla necessità di far fronte all’ostracismo di un sistema produttivo e distributivo che penalizza le voci originali. Cosa significa tutto ciò per la giovane autorialità esordiente?
Credo che sia piuttosto sbagliato e che ci siano delle distorsioni evidenti nella filiera italiana della cinematografia. Non legate esclusivamente al mercato e alle sue leggi, ma anche a cartelle, lobby, veri e propri imbuti dentro i quali diventa difficile inserirsi e dove non conta più la qualità dei film né la loro capacità di intercettare un pubblico. In Italia siamo nella paradossale situazione di avere la possibilità di produrre dei film, di produrli persino a costi più bassi che altrove e quindi di avere una cosiddetta maggiore democratizzazione della produzione cinematografica, ma poi di non riuscire a farli vedere.
Mi sono trovato a fare mio malgrado il distributore già due volte e chiamo ciò “disperazione costruttiva”. Probabilmente nella vita farò pochi film, ma conoscerò quasi tutti gli spettatori che li hanno visti. Preferisco questo piuttosto che fare tanti film che non vede nessuno.
Con le Ferie di Licu affronti i problemi dell’integrazione in Occidente dal punto di vista di Licu, un immigrato a Roma di origini bengalesi che pedini “zavattinianamente” dall’Italia al Bangladesh e ritorno. Da cosa nasce questa idea?
Da una sceneggiatura che io non ero in grado di completare. All’interno c’era un personaggio bengalese immigrato in Italia che cercavo di ritrarre, ma non conoscevo abbastanza a fondo la sua realtà per esserne capace. Da qui la necessità di immergerci – insieme a Marco (Marco Picarreda, sceneggiatore e montatore del film) e agli altri collaboratori - nella comunità bengalese di Roma, di farci raccontare delle storie vere. Quindi l’idea di filmare queste storie, di prendere degli appunti in modo audiovisivo invece che con carta e penna. Il passo successivo è stato innamorarci di Licu, delle sue contraddizioni, dei suoi problemi e cominciare a seguirlo. Non abbiamo più smesso per 2 anni e 8 mesi. Da ciò è uscito quello che è diventato il film.
Per l'intervista integrale vai in Occhio al Cinema
Ultimi articoli pubblicati
Rubriche