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Redazionale


di Enrica Tancioni
04/12/2007 - La ricetta per la buon riuscita di una politica antisovietica è semplice. Anche troppo. Prendete un po’ di timore collettivo, aggiungete un pizzico di resistenza e condite con mistero e segretezza. Et voilà il piatto è servito. La Gladio è in tavola. La ricetta è semplice e veloce e non costa molto. Basta trovare un luogo adatto in cui attecchiscano le “piantine” della Guerra Fredda e il gioco è fatto. Certo occorre trovare persone fidate in grado di sacrificarsi per una giusta causa. Ma non ci sono problemi.
Militari in odore di guerra si scovano facilmente. Specialmente in un’Europa massacrata dal secondo conflitto mondiale. Così negli anni cinquanta l’America decide di pianificare una strategia contro l’URSS. L’Unione Sovietica è potente e le tensioni internazionali non giovano alla pacificazione. Gli Alleati allora stipulano un accordo: il Piano Demagnetize. L’obiettivo è contrastare l’avanzata sovietica. Usa, Gran Bretagna e Francia formano il Comitato per il coordinamento (CPC), per pianificare le attività comuni in caso di necessità. L’organismo è alle dipendenze dello SHAPE (Comando supremo delle forze alleate in Europa). In pochi anni quasi tutte le potenze della NATO aderiscono al programma. L’Italia nel 1964. Arruola e addestra nuclei operativi in grado di organizzare la resistenza armata sul territorio occupato. Le organizzazioni agiscono nell’anonimato. Almeno fino al 1990, quando l’Italia decide di rendere noto il primo troncone della rete internazionale. Il suo nome è Gladio, in onore della spada a doppio taglio degli antichi romani. In breve tempo vengono scoperte le altre organizzazioni europee.
Ma torniamo alla Gladio. L’organismo è controllato dal Clandestine Planning Committee, è finanziato dalla CIA e arruola “tesserati” della loggia massonica P2. Dato non meno importante, la Gladio si serve della strategia della tensione per attecchire nel territorio italiano. I vertici dell’organizzazione non si mostrano contrari a intrattenere rapporti con la destra eversiva. Lo dimostrano i numerosi colpi di stato e le azioni sovversive che si scatenano negli anni di piombo.
Ma quali sono gli scopi dell’organismo? Ovviamente il contrasto di una possibile invasione sovietica nell’Europa orientale. Servendosi di qualunque mezzo. Così guerriglie, sabotaggi e uccisioni si susseguono nella Russia post-bellica. L’importante è rimanere nascosti, osservare le mosse del nemico e agire nell’anonimato e nella segretezza. Anche nel territorio italiano. Anzi specialmente. Perché la penisola è nella morsa degli attentati e bisogna sfruttare la situazione. Bisogna agire tempestivamente. La Gladio rimane così coinvolta nell’attentato di Piazza Fontana e nella strage dell’Italicus. Tutti sanno, ma nessuno fa niente. Neanche gli Stati Uniti. Anzi sembra che la potenza americana mirasse a promuovere il terrorismo in Italia. Il controllo, si sa, costa caro. Anche perdite umane. Non bisogna dimenticare che la Gladio opera sotto le direttive della NATO.
Ma l’Italia ha una tradizione paramilitare. La prima struttura stay-behind risale al 1949. Si tratta della Duca, che, secondo gli atti del Comitato Parlamentare dei servizi segreti, si sarebbe sciolta solo nel 1995.
La Gladio nasce il 6 novembre 1956 con un protocollo d’intesa tra i servizi segreti italiani e quelli statunitensi. In poco tempo annovera 622 “gladiatori”. Anche se la lista viene considerata incompleta. 40 uomini operativi sono troppo pochi rispetto ai progetti da attuare. E non solo. Perché alcuni nomi noti vengono occultati. Nel movimento sono infatti iscritti numerosi colletti bianchi. Per non parlare del coinvolgimento dell’Arma dei Carabinieri. Il piccolo esercito ha a disposizione armi, molte delle quali depositate nelle caserme. Dei carabinieri. L’apparato della Gladio ingloba personaggi capaci di garantire l’anticomunismo. A qualunque costo. Ecco perché si serve di politici, strateghi e colonnelli dell’esercito.
Tuttavia la storia dell’organismo è ancora avvolta nel mistero. Anche se qualcuno ha iniziato a parlare: Antonino Arconte. Nome in codice G71. Racconta che la struttura era divisa in tre centurie. La prima comprendeva paracadutisti della Folgore, la seconda militari della Marina e dell’esercito. La terza invece era costituita da civili, anche donne. Arconte tenta di far luce sull’organizzazione, ma gli eventi ad essa legati non sono ancora stati spiegati. Forse non conviene. Le conseguenze potrebbero essere devastanti. È meglio far sparire i fatti. Come insegna la tradizione. Italiana.
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