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Redazionale


di Elisabetta Viti
13/11/2007 - Malaluna: un intenso assolo poetico e canoro dedicato ad una città che è anche simbolo di quel destino ambiguo e fatto a strati di cui il Meridione si fa carico da millenni, tra il suo passato di regina sui “nostri” mari e una lunga attualità di periferizzazione. La terza tappa de I Tesori della Siza, la trilogia che Vincenzo Pirrotta, mente e “corpo” scenico in questo momento tra i più significativi, sta portando da diversi anni con successo in giro per l’Italia, è arrivato l’8 novembre scorso al teatro “Politeama” di Reggio Calabria, regalandoci un afflato di sicilianità.
Alle spalle il viaggio personale del maestro palermitano – tra le atmosfere rarefatte del sogno e quelle gridate della più urgente quotidianità – nella tradizione dei “cunti” di Sicilia. Ne emergono – con originale rielaborazione creativa e sperimentale – storie di mare e pescatori, nel primo capitolo del trittico o N’gnanzou’, d’amore e d’avventura – ne la Fuga di Enea – ma anche di gioia, sofferenze e grottesche tribolazioni, nei duri racconti di Malaluna.
La vitalità esplosiva di Palermo che questi ultimi mettono in scena, con le sue radici greco-arabe e le sue contraddizioni, diventano, nel lungo monologo di Pirrotta - tra aneddoti, canti popolari e poesia - l’affresco di un’anima doppia, perennemente in bilico tra tradizione e innovazione, l’orgoglio invincibile di un’antica capitale dell’Occidente e la paura del futuro di tutti i Sud del mondo.
Lo spettacolo è stato ospite del progetto Arti Meridiane Lab con cui l’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria ha coinvolto per la prima volta le tre università calabresi – l’ateneo di Arcavacata (Cs), la facoltà Magna Graecia (Ct) e quella Mediterranea (RC) - in un intervento sinergico e multiculturale sul territorio. Musica, cinema, teatro e video per "combattere – secondo l’auspicio dell’assessore regionale alla cultura Sandro Principe – il provincialismo e la marginalizzazione culturale della nostra regione".
Per questa via, il progetto si fa interprete e portavoce di un’idea di riscatto delle realtà marginali dell’era della globalizzazione e di dialogo tra le culture attraverso il linguaggio dell’arte, che eccede il perimetro calabrese e meridionale per investire con forza le vecchie e nuove periferie della terra.
Accorata e insieme provocatoria, in tal senso, l’esclamazione con cui Pirrotta interpella il DNA sfaccettato di Palermo e, con esso, le radici composite della nostra storia collettiva, nel corso di Malaluna: "Palermo è madre musulmana! – declara a gran voce il maestro accompagnato dalla chitarra acustica di Luca Mauceri - Palermo è madre Africa! Palermo è madre Romania!"
E ci vuole coraggio in questi giorni per affermarlo…
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