Immigrazione in Italia
Immigrazione in Italia
di Enrica Tancioni

09/11/2007 - E la Calabria? È la regione per eccellenza di transito per gli immigrati. Specialmente clandestini.
Perché le coste calabresi sono vicine alle terre africane. I viaggi, seppur pericolosi sono meno controllati. Gli scafisti quindi possono meglio gestire le famose “tratte degli schiavi”. Ovviamente con la collaborazione della ‘ndrangheta.
Inoltre non bisogna dimenticare che la Calabria possiede ben 14 Centri di permanenza temporanea, oltre che un Centro di prima accoglienza. Quello di S. Anna a Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, grazie al quale gli stranieri irregolari possono percepire sussidi. Non sorprende che Crotone sia stata la provincia con il maggior numero di clandestini. Tanto che il numero di provvedimenti è stato di 5.573. Tuttavia la provincia che registra il maggior numero di stranieri regolari è Reggio Calabria con 20.750. Seguono poi Cosenza (13.950), Catanzaro (9.910), Crotone (8.511) e Vibo Valentia (4.701). Insomma la Calabria rispetto al 2005 ha guadagnato 15.200 unità, con un incremento del 35,7%. La spiegazione si trova nell’aumento delle quote di ingresso al lavoro. Gli stranieri insomma fanno i lavori che gli italiani non vogliono fare. Come gli agricoltori, gli operai, i camerieri e i badanti. Ovviamente anche per gli stranieri vige la “regola” del lavoro nero.
C’è poi una piccola percentuale (1,8%) che si è stabilita in Calabria per motivi di studio. L’incidenza più alta si registra nella scuola primaria (2,4%), e in quella secondaria di I grado (2,3%), mentre nella scuola dell’infanzia e nella scuola secondaria di II grado l’incidenza è molto bassa (1,3%). La maggioranza degli alunni stranieri proviene dall’Europa, in particolare modo dalle zone centro-orientali.
Nonostante l’elevato numero di immigrati regolari in Calabria, la gente mostra tanta insicurezza.
Purtroppo i casi di cronaca che vedono coinvolti stranieri sono in aumento. E la fiducia nei confronti del “diverso” tende a diminuire. A nulla servono il diritto di cittadinanza e il contratto di lavoro. L’immigrato è sempre un immigrato. Ma si sa, le abitudini sono dure a morire.
(2 fine)

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