Reggio Calabria – Guarneri con le “Maschere” fa rivivere la magia di Pirandello
di www.strill.it

27/11/2017 - di Grazia Candido (foto Antonio Sollazzo) – La Polis Cultura fa di nuovo centro e con “Maschere (La Patente-La Giara) nuovo spettacolo ideato e diretto da Guglielmo Ferro con l’istrionico Enrico Guarneri, fa “esplodere” il teatro “Francesco Cilea”. Enrico è ormai un amico della città dello Stretto, è uno dei maggiori esponenti della grande tradizione teatrale siciliana e ieri sera, dopo aver registrato con i matinèe per le scuole un sold-out meritatissimo, sigla un altro pienone vestendo i panni dei protagonisti delle due famose novelle di Luigi Pirandello, “La Giara” e “La Patente”. E’ un intenso e coinvolgente spettacolo che strappa tante risate ad un pubblico divertito e particolarmente ammaliato dalla carica emotiva del protagonista catanese ma anche dall’esuberante cast di attori siciliani, bravissimi a rendere ancora più leggera un’opera che si dipana all’interno del pensiero pirandelliano delle Maschere e del gioco del teatro nel teatro. Una full immersion nella filosofia esistenziale del poeta italiano in due atti unici che si fondono tra loro creando un solo spettacolo. Sul palco, predomina la psiche umana tanto studiata da Pirandello che mette a nudo la crisi dell’“Io” che, spodestato della sua vera identità, per poter esistere è costretto a trovarne un’altra assumendo la maschera impostagli da altri. Il merito del regista Ferro è quello di aver costruito una cornice “meta-teatrale” affidando l’arduo compito ad una colonna del teatro italiano, Enrico Guarneri che, con la sua innata ironia, riesce ad indossare senza alcun problema, gli abiti di personaggi grotteschi con le loro fissazioni maniacali ma anche, di aver imposto un vero inno alla sopravvivenza e alla resistenza del Teatro. In due ore, sono tirate fuori le “maschere” del mondo letterario pirandelliano e, come se fossero riposte in uno scrigno, compaiono le fragilità dell’essere umano partendo da “La Patente” che si svolge in un luogo/non luogo, senza tempo e senza spazio. Qui Guarneri veste i panni di Rosario Chiarchiaro, il “capo degli scalognati” alla ricerca di una “patente da iettatore” che certifichi la maschera costruitagli dagli altri e di Don Lolò, protagonista della vicenda de “La giara”, con la fissazione maniacale per la sua “roba”. Dalle parole di Chiarchiaro salta subito fuori l’irrazionalità derivante dall’assunzione di un ruolo sociale che non gli appartiene e dall’abbandono della propria identità a favore di quella che altri gli hanno affibbiato. “Signor giudice – urla Chiarchiaro come se volesse giustificare quella sua condizione esistenziale – ho accumulato tanta bile e tanto odio, io, contro tutta questa schifosa umanità, che veramente credo d’avere ormai in questi occhi la potenza di far crollare dalle fondamenta una intera città!”. In chiave umoristica, Guarneri e la sua compagnia creano uno spaccato tragicomico che fa comunque riflettere sulla miserevole condizione di un essere umano perennemente alla ricerca di sé e del proprio posto nel mondo. Una condizione che Pirandello aveva ben colto imparando a sue spese che, in questo lungo tragitto della vita, si incontreranno inevitabilmente tante maschere e pochi volti.
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