Il regista romano: di ‘ndrangheta se n’è parlato veramente poco nei film. È ora di svegliare le coscienze
COSENZA – Un grande regista in città. Incontriamo Marco Risi a margine della manifestazione “La scuola al cinema”, durante la quale gli studenti cosentini hanno dialogato a lungo con l’autore di “Fortàpasc”, la splendida pellicola del 2008 che racconta l’ultima estate di Giancarlo Siani, il giornalista del “Mattino” di Napoli ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985.
Drammaturgicamente la Calabria che interesse potrebbe avere per un maestro come Marco Risi?
«La Calabria è una terra aspra, difficile, ma anche molto cinematografica. Secondo me bisogna cominciare a parlare un po’ di questa realtà, soprattutto del suo problema numero uno che è la ‘ndrangheta, Questo perché sono stati fatti tanti film su camorra e mafia, ma di ‘ndrangheta se n’è parlato veramente poco. Questi ‘ndranghetisti riescono sempre a rimanere un po’ nell’ombra e forse è ora di cominciare a svegliare un po’ di coscienze da questo punto di vista».
La discussione su “Fortàpasc” ha appassionato i ragazzi, che hanno poi spaziato, parlando della nostra realtà e dei suoi problemi. È questa la base per cominciare un nuovo percorso civile?
«Io conosco abbastanza poco questa regione. Mi sembra però che stia nascendo un piccolo movimento, un piccolo risveglio di coscienze da parte di alcuni ragazzi. Non tutti, sicuramente, perché mi rendo conto che è una cosa complicata e scomoda, ma sta nascendo un interesse a diventare ingranaggi, piccoli magari, ma capaci di metterci in discussione e di migliorarci. Tutti quanti. Intravedo e percepisco i prodromi di questo movimento, e mi sembra che possano dare finalmente qualche risultato. Mi piace pensare questo. Poi potrò essere anche smentito. Ma spero proprio di no».
Chi sarebbe oggi Giancarlo Siani e cosa direbbe ai giovani?
«Direbbe le cose che ci sono «nel film: direbbe di non mollare, di stare sempre dalla parte giusta e di non farsi mettere sotto, di ribellarsi, di indignarsi, cercando sempre di essere se stessi».
Quanto c’è in “Fortàpasc” delle sue grandi opere d’impegno civile del passato, come “Mery per sempre” o “Il muro di goma”?
«Ci sono somiglianze, sicuramente. Già il fatto di girare a Torre Annunziata, in quei posti un po’ degradati che, in alcune situazioni, sono rimasti sostanzialmente uguali agli anni Ottanta, nell’ambientazione e anche nella malavita. Giancarlo Siani può essere avvicinato anche al personaggio di Rocco nel “Muro di gomma”. Ci sono sempre delle cose che si assomigliano e ci riconducono ai film precedenti. Però ognuna di queste storie ha una sua specificità. E ogni volta lavori convinto di girare un film sempre diverso».