I ‘casi Dublino’ fanno appello al Vaticano e all’Italia per scongiurare il respingimento nei teatri di guerra.
Hanno ingorgato la Strada statale 106 e poi anche le vie della città attraversandole con un corteo di protesta che dal Centro per immigrati di Sant’Anna è arrivato fino a piazza Duomo. Con striscioni e cartelloni, urlando ‘help, help Vatican’ e camminando a passo deciso, giovedì 25 febbraio circa 150 stranieri hanno tentato di inviare la loro richiesta d’aiuto da Crotone al Papa e all’Italia intera per i tempi troppo lunghi nella definizione del loro status giuridico e per scongiurare il respingimento nei teatri di guerra e di violenza dai quali sono sfuggiti.
“Italia nostra ultima speranza, chiediamo il permesso di soggiorno la morte ci aspetta nei nostri paesi”, “Noi supplichiamo il Papa, la tua misericordia”, “il Vaticano è la porta della pace nel mondo”. Sono queste le frasi che gli stranieri, tutti di origine curda-irachena, hanno scritto sui loro striscioni. Anche il sit-in inscenato sul sagrato della cattedrale di Crotone, che si è concluso solo nella mattinata di venerdì 26 febbraio, non è stato casuale, ma ha rappresentato un messaggio simbolico per richiamare l’intervento del Vaticano, quale simbolo dell’unione e della pace. Tra i manifestanti non c’erano solo ospiti del Centro di Sant’Anna, coloro che, in attesa di essere esaminati dalla locale Commissione Territoriale per la loro richiesta di asilo, lamentavano la lunga permanenza nel suddetto centro, ma anche immigrati irregolari e senza documenti, in attesa che gli vengano forniti in altre città italiane ed europee nelle quali ne hanno fatto richiesta. Tutti, però, erano accomunati da problemi relativi al riconoscimento del diritto di asilo. Si tratta dei cosiddetti ‘casi Dublino’, cittadini stranieri cioè vincolati dalla ‘Convenzione di Dublino’, sottoscritta negli anni Novanta dai paesi aderenti all’Unione europea per ridurre il numero delle domande di asilo ‘multiple’, ossia presentate simultaneamente in diversi Stati dallo stesso individuo.
Una convenzione finalizzata anche a ridurre il fenomeno dei ‘rifugiati in orbita’, ossia individui che vengono rinviati da un Paese all’altro, a causa di ripetute declinazioni di responsabilità da parte dei governi chiamati in causa. Gli stati coinvolti dalla convenzione, infatti, hanno concordato insieme i modi per l’individuazione, secondo criteri prestabiliti, di un solo Stato responsabile dell’esame della domanda d’asilo, l’obbligo di esame della domanda da parte dello Stato competente, lo scambio reciproco di informazioni. La ‘Convenzione di Dublino’ stabilisce che competente dell’esame della domanda d’asilo sia lo Stato nel quale lo straniero viene per la prima volta identificato. Coloro che hanno manifestato a Crotone, però, sono tutti immigrati già identificati in altri stati che con molta probabilità non concederanno il riconoscimento del diritto d’asilo. Paesi come la Grecia, la Svizzera, la Germania... Con leggi molto più restrittive dal punto di vista dell’accoglienza rispetto all’Italia. Proprio per questo gli immigrati hanno avanzato qui la loro richiesta, a Crotone in particolare, dove c’è la Commissione territoriale che si occupa di dare burocraticamente risposte alle richieste di accoglienza. Sulla base della ‘Convenzione di Dublino’, infatti, è anche previsto che “ogni Stato può decidere, spinto da motivi umanitari, in particolare di carattere familiare o culturale, di esaminare la domanda di asilo, anche quando non gli compete”.
È proprio questo ciò che chiedevano i manifestanti, preoccupati dell’imminente espulsione, e per farlo hanno trascorso tutta la giornata di giovedì e la notte seguente sul sagrato della basilica cattedrale. Sul posto è stato presente il commissario capo dell’Ufficio immigrazione della Polizia, Maria Antonia Spartà, la quale si è adoperata perché la manifestazione si svolgesse senza arrecare disordini. L’iniziativa di protesta degli immigrati, infatti, è stata intrapresa senza nessuna autorizzazione preventiva da parte delle forze dell’ordine, che l’hanno comunque concordata repentinamente, dopo che, nonostante i tentativi di persuasione da parte del personale dell’Ufficio immigrazione operante all’interno del Centro per immigrati, i manifestanti non hanno mostrato l’intenzione di arrestare il corteo.
La Spartà, così, a nome della Polizia, per rassicurare i manifestanti, si è personalmente impegnata a verificare le singole situazioni di ciascun immigrato e a sospendere i trasferimenti finché non ci saranno risposte certe. Nemmeno questo però è bastato a convincere gli iracheni a liberare il sagrato del duomo. Venerdì mattina i manifestanti, ancora una volta in corteo, hanno attraversato via Poggioreale per portare la loro protesta all’attenzione della Prefettura. Ad attenderli c’era il vice prefetto Massimo Mariani, il quale ha incontrato una rappresentanza di tre iracheni. Mariani si è impegnato a trasmettere la situazione all’unità amministrativa, denominata ‘Unità Dublino’, presso il Ministero dell’Interno, incaricata di esaminare la responsabilità dell’Italia rispetto alla presa in carico dei richiedenti asilo. Ottenute le loro rassicurazioni, gli ospiti del Centro sono saliti a bordo dell’autobus della Misericordia (Ente gestore del Centro), che li ha accompagnati nelle loro residenze presso il Centro d’accoglienza S.Anna.