quiSpot:
rassegna stampa calabrese
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Locri
Argomento: Cronaca
«Loro hanno ammazzato mio figlio» – Il padre di Giuseppe Sculli: "Ne sono sicuro"
LOCRI – «Sono convinto che ad uccidere mio figlio sono stati Pasquale Talia, Francesco Talia e Alessandro Rodà. Io non li ho visti, ma sono loro i responsabili della morte di Giuseppe». Lo ha dichiarato Antonio Sculli, padre di Giuseppe, alias “u pitaci”, ucciso il 16 febbraio 2007 a Bruzzano Zeffirio mentre stava rientrando a casa.
Il teste, rispondendo alle domande del pm Adriana Fimiani, ha riferito che quella sera si trovava a casa a guardare la televisione. «A un tratto – ha detto – ho sentito i colpi, credevo fossero dei mortaretti, poi ho sentito mio figlio dire “cosa vi ho fatto” e mi sono reso conto che stava succedendo qualcosa di strano, allora scesi con le ciabatte e vidi Giuseppe a terra».
Di quelle fasi concitate il teste ricorda anche di aver visto una sagoma nell’angolo: «Mi sono girato ed ho visto la sagoma di persona che stava fuggendo, non sono certo ma all’ottanta per cento, si trattava di Pasquale Talia. Forse lì vicino c’erano altre persone ma non sono sicuro».
A precisa domanda del pm, Antonio Sculli ha dichiarato che: «con i Talia Rodà prima eravamo amici, poi loro hanno accusato mio figlio ritenendolo l’autore dell’omicidio di Giuseppe Talia e di Antonia Luvarà, (i cadaveri dei due giovani vennero ritrovati insieme in un auto nei pressi del cimitero di Bruzzano Zeffirio nel febbraio del 2005, ndc), ma, credetemi, non è vero».
Su domanda dell’avvocato Demetrio Floccari, difensore di Francesco Talia, accusato di omicidio insieme a Alessandro Rodà (questi difeso dall’avvocato Elisabetta Spanò), il testimone ha ribadito di non aver visto il killer in volto ma si è detto certo che la persona che quella sera scappava era Pasquale Talia, già condannato per l’omicidio Sculli a trent’anni di reclusione in rito abbreviato.
Anche secondo la ricostruzione fatta da Consuelo Sculli, sorella della vittima, i rapporti tra la propria famiglia e quella dei Talia-Rodà si erano incrinati proprio dopo il duplice omicidio di Giuseppe Sculli e Antonia Luvarà: «Siamo vicini di casa – ha riferito la donna – e ci salutavamo, fino a quando, dopo la morte dei due ragazzi, ci hanno tolto il saluto ed hanno assunto degli atteggiamenti “strani” nei nostri confronti».
La donna ha riferito che la sera dell’omicidio una Golf di colore grigio l’ha seguita fino a casa: «All’interno della macchina c’erano diverse persone ma non le ho riconosciute. Dietro di me stava rientrando mio fratello in compagnia della moglie, del figlio e del cognato. Appena ho parcheggiato ho sentito gli spari ma ero distante e non ho visto nessuno».
Altro teste escusso nel corso dell’udienza di ieri il medico legale Massimo Rizzo, il quale ha esaminato il corpo della vittima: «Sculli – ha riferito – è stato attinto da quattro colpi di un’arma a canna liscia, probabilmente un fucile calibro 12, il primo caricato a palla asciutta e, successivamente, da tre proiettili a pallettoni. Verosimilmente a sparare è stata una sola persona a distanza ravvicinata».
Sicuramente l’arma è stata una sola, come ha pure riferito l’ispettore Natale Antonini, della sezione balistica della polizia scientifica di Reggio Calabria, il quale ha esposto davanti alla Corte d’assise di Locri (presidente Bruno Muscolo, giudice a latere Angelo Ambrosio), i risultati dei reperti rinvenuti sulla scena del crimine.
Ultimo teste escusso il dottor Giacomo Falso, il quale ha confermato che sugli imputati non sono stati rinvenuto residui di polvere da sparo.
Il processo riprende il 29 marzo.
Rocco Muscari
Gazzetta del sud