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rassegna stampa calabrese
Fonte: Gazzetta del Sud
Data: 04/02/2010
Autore: A.S:
Gazzetta del Sud
Operazione “Leone” – Funzionari collusi, professionisti, imprenditori e clan degli indiani
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Reggio Calabria
Argomento: Cronaca
Operazione “Leone” – Funzionari collusi, professionisti, imprenditori e clan degli indiani

REGGIO CALABRIA – I retroscena ricostruiti dal testimone Saverio Foti, le intercettazioni e i riscontri investigativi. Sono le travi che sorreggono l’inchiesta “Leone”. L’indagine ha mosso i primi passi nel commissariato di Condofuri. La fase embrionale ha sviluppato un groviglio di ramificazioni internazionali, come ha sottolineato il gip Gianluca Sarandrea, che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare: «È emerso, infatti, che gli indagati hanno perseguito e realizzato, con piena coscienza e volontà, un intento criminoso comune utilizzando, allo scopo, un complesso di mezzi molto più articolato della semplice e rudimentale organizzazione necessaria per la commissione di un singolo delitto».

Una trama «idonea alla realizzazione del programma delinquenziale per il quale il vincolo associativo si è instaurato ed è perdurato nel tempo». Ma non sufficiente a puntellare l’aggravante mafiosa, poiché l’organizzazione «non presenta alcuno dei caratteri tipizzati dal legislatore nell’art. 416 bis, né può comunque dirsi che i soggetti ritenuti inseriti in tale associazione, abbiano comunque agito nell’interesse della stessa, non potendosi escludere che abbiano invece operato a titolo puramente personale».

Sullo sfondo dell’inchiesta – al di là delle infiltrazioni criminali e della “cupola” indiana che sfruttava i connazionali – si stagliano i ruoli di professionisti e imprenditori che, secondo l’accusa, fiancheggiavano l’organizzazione. In questo senso l’affare era una sorta di spugna che assorbiva interessi convergenti. Gli investigatori hanno messo a fuoco gli appetiti della ‘ndrangheta nella gestione e nello sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Ma gli esponenti della criminalità non erano gli attori principali.

L’organizzazione, della quale avrebbero fatto parte esponenti delle cosche Cordì e Iamonte, avrebbe costretto ognuno degli immigrati a versare somme che variavano dai diecimila ai 18 mila euro, con un introito complessivo di oltre sei milioni di euro. Un calcolo che mette insieme gli incassi di tre anni ma che va retrodatato, assumendo così proporzioni colossali.

Le indagini, infatti, erano state avviate nel 2007 dopo la denuncia presentata da Saverio Foti, imprenditore agricolo della provincia di Reggio Calabria, costretto da affiliati alla cosca Iamonte a cedere alcune sue aziende ed a presentare documentazione di assunzione per legittimare l’ingresso in Italia di immigrati.

Per la gestione dell’organizzazione si è rivelata fondamentale la complicità di una ventina di professionisti, tra imprenditori e commercialisti, e di tre dipendenti dell’Ufficio provinciale del lavoro di Reggio Calabria, tutti finiti in manette. Il traffico di basava sull’utilizzo di contratti di assunzione fittizi richiesti da imprenditori compiacenti a favore degli immigrati, che avevano così la possibilità di chiedere il visto d’ingresso per l’Italia.

Metà degli arrestati – le ordinanze custodia cautelare emesse complessivamente dal gip sono state 67 – sono italiani e l’altra metà cittadini indiani. Questi ultimi, dopo avere reclutato nel loro Paese centinaia di immigrati, li facevano giungere in Italia in cambio dell’esborso di consistenti somme di denaro.

«Questa operazione – ha detto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone – dimostra la capacità della ‘ndrangheta di sfruttare qualsiasi occasione di guadagno lecito e soprattutto illecito». Per il questore di Reggio, Carmelo Casabona, «l’operazione s’inserisce in quel quadro di risposte che lo Stato riesce a dare al momento opportuno. Mi riferisco al fatto che risale solo a pochi giorni fa la vicenda di Rosarno».

L’importanza dell’operazione è stata sottolineata dal Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, secondo il quale «per la prima volta si dimostra che c’è il diretto coinvolgimento delle famiglie della ‘ndrangheta nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed è un segnale allarmante che indica quanto renda il business dell’immigrazione clandestina. Per questi motivi il contrasto all’immigrazione clandestina non serve solo a ridurre reati, come ha detto anche il presidente Berlusconi, ma a contrastare la criminalità organizzata».

Gli arresti hanno dato spunto al presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, di sottolineare «i gravi limiti legati alla legge sull’immigrazione Bossi-Fini. Invece di fare proclami sui risultati conseguiti nel contrasto all’immigrazione clandestina – ha detto Loiero – il Governo farebbe bene a intervenire seriamente per cambiare una legge che non risolve affatto il problema, ma che anzi è facilmente aggirabile dalla criminalità organizzata».

(a.s)