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rassegna stampa calabrese
Fonte: Corriere della Sera
Data: 28/07/2009
Autore: Gian Antonio Stella
Corriere della Sera
Catanzaro: Strutture a pezzi e interventi «gonfiati». La favola del Meridione senza fondi
Provincia: Catanzaro
Comune: Catanzaro
Argomento: Sanità
Catanzaro: Strutture a pezzi e interventi «gonfiati». La favola del Meridione senza fondi

Un Obama meridionale, questo ci vorrebbe. Uno che, forte d’uno spiccato accento siciliano, campano o calabrese avesse l’autorevolezza e il fegato di dire cose scomode come quelle dette dal presidente nero ai giovani neri d’America: basta alibi.

Non è sempre e solo colpa degli «altri». Lo sfascio della sanità nel Sud va messo in carico soprattutto ai politici, agli amministratori, ai tecnici meridionali. Ma certo, Bassolino ha buone ragioni per chiedere, come sabato sul Riformista, cosa sarebbe successo se Malpensa fosse stata «terrona».

Quante accuse, quante prediche, quanti stereotipi sarebbero stati rovesciati addosso al Mezzogiorno se un aeroporto enorme e sottoutilizzato e privo di decenti collegamenti e liquidato come troppo periferico dagli stessi clienti teorici (uno per tutti, Giancarlo Galan: «Nessun veneto andrà mai a Varese a prendere un volo per Francoforte») fosse stato costruito in Calabria o in Sicilia?

Altrettanto difficile è negare che il caso della Santa Rita, con quelle truffe ciniche e quelle protesi usate infette trapiantate lo stesso perché «quella costa 450 euro, e mica la butto», sarebbe stato cavalcato con parole pesanti se fosse successo non a Milano ma a Napoli.

Detto questo, la tesi che la catastrofe della sanità meridionale sia una raffigurazione forzata «dai media, la cui proprietà è tutta tra Roma e Milano» è dura da far passare.

Sostiene il governatore: «I meridionali non capiscono come mai, dopo aver stretto tutti i cordoni della borsa, il governo dica loro: avete speso male i soldi. Quali soldi? Le statistiche della spesa pubblica ormai le conoscono tutti. I governi centrali, di centrodestra e di centrosinistra, hanno tagliato risorse al Sud».

Sui tagli, come è noto, il dibattito è aperto. Che siano stati stretti «tutti i cordoni della borsa», però, è un’affermazione avventurosa.

Dicono le statistiche che l’assistenza a un cittadino medio italiano costa 1.797 euro l’anno ma che lo Stato ne spende 2.263 per un altoatesino (grazie allo statuto speciale) e 1.658 per un calabrese. Uno squilibrio netto. Sul quale è bene discutere.

Ma non abbastanza netto da giustificare l’abisso nell’offerta sanitaria fotografato a un convegno dell’Anaao sulla Sanità e il Sud da un rapporto di Concetta Vaccaro, responsabile welfare del Censis, sulla base di dati dell’Istat e del Ministero della Salute: offerta ospedaliera, medici, personale del servizio sanitario, posti letto per acuti, nuove tecnologie, assistenza territoriale, soddisfazione degli utenti… Bene: l’indice per il Trentino-Alto Adige sta al 52,9 e quello per la Calabria al 9,8.

Per non dire del Veneto (55), della Toscana (62,9) o dell’Emilia Romagna che svetta al 67,6. Il sistema sanitario meridionale sta davvero sprofondando e mettendo a rischio la salute dei cittadini del Sud, ma di chi è la responsabilità? Prendiamo alcuni casi emblematici.

Il primo: Vibo Valentia. L’ospedale cittadino cade a pezzi, i 191 pazienti ricoverati medi giornalieri possono contare sulla carta su 40 primari, 85 dirigenti di strutture semplici e 153 medici ad «alta specializzazione» (compresi alcuni che non esercitano perché hanno il certificato di inidoneità, come un ostetrico che non può assistere ai parti perché va in agitazione), il direttore sanitario Pietro Schirripa (già vicino a monsignor Giancarlo Bregantini quando era vescovo di Locri) ha malinconicamente inanellato 98 «documenti di rilevante interesse» dati ai carabinieri e «126 principali richieste di adeguamento degli impianti» e sollecitato ispezioni dei Nas che hanno «individuato 803 infrazioni penali».

Eppure della nuova struttura, prevista da decenni, non c’è traccia. E intanto, in una provincia di 170mila abitanti, dopo anni di promesse e di girandole di assessori regionali restano in vita perché nessuno ha il coraggio di chiuderli sei vecchi e costosi ospedali.

Per non dire di Palmi, dove ci sono 268 dipendenti per 28 letti utilizzati, o di Cittanova: tredici posti letto. Secondo esempio: la sanità siciliana, demolita tempo fa dalla Corte dei Conti che ci tenne a sottolineare che con i suoi 8 miliardi e mezzo di euro pesava «il 30% in più di quanto si spende per la Sanità in Finlandia».

L’assessore che da un anno s’è fatto carico del fardello, l’ex magistrato Massimo Russo, sta cercando disperatamente di far tornare i conti. Le resistenze che incontra, però, sono fortissime. Ovvio: «prima» dell’esplosione dello scandalo un certo trattamento alla prostata alla clinica Villa Santa Teresa di Bagheria veniva pagato dalla Regione 136.439,95 euro: adesso 8093. «Prima» la terapia tradizionale per il tumore alla mammella era arrivata a costare anche 46.480: adesso 2.324.

Terzo esempio? Il vecchio policlinico di Napoli, dove ha sede la facoltà di medicina della Seconda Università. Nato per «decongestionare» Napoli, avrebbe dovuto spostarsi a Caserta ma dopo diciotto anni il nuovo policlinico casertano non è ancora pronto (adesso hanno scoperto che sta tra due cave e dunque urgono pure due eleganti muraglioni d’acqua per arginare la polvere…) e in ogni caso baroni e baronetti non hanno alcuna intenzione di subire la scomodità di trasferirsi da un’altra parte.

Il nuovo assessore Mario Santangelo ha intimato un iniziale trasloco entro settembre all’ospedale Monaldi ma finora ha trovato orecchie da mercante. Tanto che, seccato, si è spinto a scrivere che l’università «non fornisce alcun contributo al fine di realizzare le economie per le quali la Regione si è impegnata».

Ovvio: dove la trovano, certi dipendenti, un posto simile? Il personale non docente benedetto dalla indennità di assistenza ospedaliera (come se andasse in corsia coi malati) a Trieste risulta essere lo 0,1%, alla Seconda Università l’83%.

Quanto all’altro Policlinico, quella della Federico II, non è meno costoso. Solo pochi giorni fa il rettore, soddisfatto, ha spiegato di avere avuto dalla Regione quanto sperava: un aumento dei fondi da 155 a 190 milioni di euro: «In più c’è il ripiano del deficit del 2008, pari a 65 milioni, a carico del servizio sanitario nazionale».

Sì vede che non erano stati poi stretti tutti, i cordoni della borsa…