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rassegna stampa calabrese
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Reggio Calabria
Argomento: Scuola
Credito scolastico: quali certezze?
La Riforma degli esami di Stato compie dieci anni e continua a far discutere. Numerose le novità introdotte dalla legge 10 dicembre 1997, n. 425 e dal successivo regolamento di attuazione (il n. 323 el 23 luglio 1998). Tra le più significative, l'introduzione di una prova scritta a carattere pluridisciplinare, la nuova composizione della commissione esaminatrice (ora divisa equamente tra commissari interni ed esterni) e l'attribuzione del voto finale, calcolato in centesimi e non più in sessantesimi. È proprio quest'ultima novità a creare i maggiori problemi: il calcolo, infatti, non si basa solo sull'esito delle prove scritte e del colloquio sostenuti in sede d'esame, ma comprende un altro punteggio, accumulato dallo studente nel corso di ciascuno degli ultimi tre anni: il credito scolastico. Di che cosa si tratta? È un punteggio extra che esprime la valutazione del grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell’anno scolastico. Una valutazione che non riguarda solo il profitto, ma tiene anche conto di altri elementi, quali l’assiduità della frequenza, la partecipazione al dialogo educativo, alle attività complementari e integrative e gli eventuali crediti formativi (ossia ogni esperienza dalla quale derivino competenze coerenti con il tipo di corso cui si riferisce l’esame di Stato). Ma quali sono le esperienze spendibili? E soprattutto, come farle valere? In teoria i requisiti sono molto chiari: danno luogo all'ottenimento di crediti formativi tutte le attività che abbiano una ricaduta positiva sullo sviluppo della personalità dello studente e sull'effettivo rendimento scolastico. Un elenco delle tipologie è contenuto nel decreto ministeriale n. 34 del 1999 e successive modifiche, il cui articolo 1 stabilisce che danno luogo al credito formativo tutte le esperienze extrascolastiche acquisite in ambiti legati alla formazione e alla crescita umana, civile e culturale della persona, specie quelli relativi alle attività culturali, artistiche e ricreative, alla formazione professionale, al lavoro, all'ambiente, al volontariato, alla solidarietà, alla cooperazione, allo sport. È necessario che le stesse non siano svolte in maniera occasionale. È inoltre richiesta un'attestazione, proveniente dagli enti, associazioni o istituzioni presso i quali il candidato ha compiuto l'esperienza, che contenga anche una descrizione sommaria delle attività svolte.
Altro requisito imprescindibile è la coerenza con gli obiettivi educativi e formativi del corso di studi, coerenza che può consistere nell’omogeneità di contenuti tematici, nel loro approfondimento, nel loro ampliamento o nella loro concreta attuazione. Tutto chiaro, dunque? Niente affatto: l'articolo 2 dello stesso decreto affida ai consigli di classe il compito di fissare, in totale autonomia, i criteri di valutazione delle esperienze dei candidati. In altre parole ogni scuola, in autonomia, può valutare come meglio crede. In sostanza l'ordinanza ministeriale è solo un'indicazione. I rischi? È già accaduto che esperienze qualificate, come la partecipazione ad attività sportive e ricreative, la frequenza positiva di corsi di lingue presso scuole legittimate a emettere certificazioni ufficiali, la partecipazione a corsi di formazione professionale, l'aver prestato continuativa attività di volontariato presso enti, associazioni o parrocchie e persino le esperienze lavorative o la pubblicazione di articoli su periodici regolarmente registrati presso il Tribunale fossero totalmente ignorate dagli istituti scolastici perchè considerate non in linea con il piano di studi. E a quel punto, che cosa può fare il candidato? Assolutamente nulla: la decisione è inappellabile...