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rassegna stampa calabrese
Fonte: La Repubblica
Data: 29/01/2007
Autore: Redazione
La Repubblica
Calvino stronca Walter Pedullą
Provincia: Reggio Calabria
Comune: Siderno
Argomento: Cultura
Calvino stronca Walter Pedullą

Sono da diversi mesi in viaggio attraverso gli Stati Uniti, e solo adesso, tornando a New York, sono venuto in possesso di qualche ritaglio stampa riguardante il mio ultimo romanzo Il cavaliere inesistente, uscito mentre ero già in America. Leggo così con grande ritardo un articolo a firma di Walter Pedullà, pubblicato nel numero del 31 gennaio del tuo giornale , sotto il titolo “Il romanzo di un ex comunista”. Un critico ha il diritto di interpretare come crede qualsiasi opera, però mi sento in dovere di avvertire i tuoi lettori che l’interpretazione in chiave allegorico-politica del Cavaliere inesistente è completamente arbitraria, non corrisponde affatto alle mie intenzioni e snatura completamente la natura del libro. Il Cavaliere inesistente è una storia sui vari gradi d’esistenza dell’uomo, sui rapporti tra esistenza e coscienza tra soggetto e oggetto, sulla nostra possibilità di realizzare noi stessi e entrare in contatto con le cose; è una trasfigurazione in chiave lirica di interpretazioni e concetti che ricorrono continuamente oggi nella ricerca filosofica, antropologica, sociologica, storica; è stato scritto contemporaneamente al mio saggio Il mare dell’oggettività, pubblicato sul Menabò 2, che può costituire un corrispettivo teorico di quel che ho voluto esprimere nel romanzo in forma fantastica. Ma che diavolo c’entra l’allegoria dei comunisti in tutto questo? Finora non ho potuto vedere che poche delle recensioni uscite, ma leggo che altri hanno visto nel mio personaggio chiamato Agilulfo addirittura un “funzionario di partito”! Mi pare che interpretazioni simili a un testo che non dà nessun appiglio a discorsi del genere siano frutto di una pericolosa fissazione di voler vedere tutto in chiave politica contingente. Nel Cavaliere inesistente, come nei miei due precedenti romanzi fantastico-morali o lirico-filosofici come si vogliano chiamare, non mi sono proposto alcuna allegoria politica, ma solo di studiare e rappresentare la condizione dell’uomo di oggi, il modo della sua “alienazione”, le vie di raggiungimento d’un’umanità totale. Il Pedullà scrive: I cavalieri del San Gral sono una grottesca allegoria dei comunisti. Grottesca anzi completamente assurda, è l’interpretazione del Pedullà. Come possono entrarci, in quel punto, in quel contesto, i comunisti? In quel punto, nel quadro delle varie esemplificazioni del rapporto tra individuo e mondo esterno, io avevo bisogno di esemplificare un particolare tipo di rapporto: quello mistico, di comunione col tutto; e lo spiego, fin troppo chiaramente, magari, ed enuncio la mia posizione contro questo atteggiamento, ed è uno dei capitoli del libro a cui tengo di più da un punto di vista “ideologico”. Pedullà invece ci vede i comunisti e l’Ungheria. Ma qui siamo proprio sul piano dell’ossessione! Proprio nel capitolo dei Cavalieri del Gral io ponevo pure, a contrasto, l’esemplificazione della presa di coscienza sul piano storico: il popolo dei Curvaldi che acquista coscienza d’esserci nel momento in cui lotta per la propria libertà, e questa è l’unica “allegoria politica” del libro, ma non allegoria, a dire il vero, bensì indicazione palese dei popoli e delle classi che attraverso la lotta si realizzano sul piano dell’essere. Se scrivo racconti fantastici è perché mi piace mettere nelle mie storie una carica d’energia, d’azione, d’ottimismo, di cui la realtà contemporanea non mi dà ispirazione. Certo, però, se un critico mi definisce “decadente”, posso essere in disaccordo ma non posso protestare; è un giudizio storico-letterario nel quale le mie intenzioni contano poco. Ma una definizione